Una città costata 325 milioni di lire

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Carbonia è una città sorta alla fine degli anni Trenta. Essa venne fondata con decreto n. 2189 del 5 novembre 1937 ed inaugurata il 18 dicembre 1938. La città sorse in brevissimo tempo e complessivamente venne a costare 325 milioni di lire.
I motivi che indussero alla creazione della nuova città erano unicamente di natura contingente. Il comune di Carbonia venne istituito infatti, dal fascismo, per dare organicità al nucleo di popolazione e minatori venutasi a stabilire nei pressi dei cantieri carboniferi, in seguito all’impulso dato a questo settore della politica autarchica.
A ciò il Fascismo venne costretto dal proposito di assicurare la sufficienza energetica interna in prospettiva di un eventuale conflitto armato, soprattutto in seguito all’esperienza maturata con l’applicazione delle sanzioni economiche in occasione della guerra etiopica.
Nel luglio del 1935 il governo aveva costituito, dotandola di un capitale di 600 milioni, l’A. Ca. I. (Azienda Carboni Italiani) col fine di sviluppare le ricerche di carboni fossili di cui si avvertiva l’enorme ed urgente necessità in tutto il Paese.
Dal 1936 al 1947 sul Sulcis vennero aperti 22 pozzi per la coltivazione del carbone, impiegando, nel periodo di maggiore produzione, poco meno di 18.000 maestranze.
piazzaroma1938[1]Furono quelli gli anni di maggiore crescita della nuova città che dopo appena due anni di vita, coi suoi 29.000 abitanti, era diventata la terza della Sardegna dopo Cagliari e Sassari.
Mentre però la città faceva registrare, nel luglio del 1949, la massima punta di popolazione residente (48.064 unità contro le oltre 60.000 unità dimoranti) si sono andati via via accentuando motivi di crisi del carbone sardo e con esso della città di Carbonia e del resto del Sulcis che in quel periodo di basava sulla monoeconomia carbonifera.
Tale fenomeno negativo si andò allargando sempre più fino a raggiungere la punta massima di recessione nel 1971 allorché Carbonia arrivò a contare poco più di 30.000 abitanti.
In altri termini in appena vent’anni il Comune di Carbonia aveva perduto 28.000 abitanti che equivale al più massiccio esodo demografico che la Sardegna abbia conosciuto nel Dopoguerra.
Contestualmente con la chiusura delle miniere carbonifere e nel mezzo della sopraccennata profonda crisi socio-demografica, Carbonia trovò ancora la forza di resistere e sopravvivere attraversando il nuovo discorso industriale avviato a Portovesme (impianti metallurgici piombo – zinco – alluminio, carpenteria meccanica – energia).
Da li riprese anche ad aumentare la popolazione di questa città.
Oggi la sua economia si basa non più esclusivamente sul carbone, ma su una diversificata base di servizi, artigianato, piccola industria e commercio.
Che Carbonia respiri aria di rinascita lo testimonia il lento ma progressivo aumento del numero dei suoi abitanti residenti che sono arrivati nuovamente a superare la soglia dei 35.000.