Smantellamento Alcoa: bisogna essere felici?

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101864969-alcoa.1910x1000[1]di Antonello Dessì

Alcoa, entro fine anno, verrà dato il via allo smantellamento della fabbrica. È l’ultimo annuncio della multinazionale americana, visto il lungo tergiversare della Glencore, alla quale era pure stata riconosciuta una competitiva soluzione in materia di costi energetici. Le ipotesi sono due: o si tratta di un ultimo minaccioso scossone per la definizione della snervante trattativa, oppure si considera irrimediabilmente chiuso lo spazio del dialogo fra i due colossi industriali e la sempre incombente chiusura diventerà fatto compiuto. Personalmente non ho più voce per sostenere che questa sarà una risoluzione che farà vieppiù sprofondare l’economia del Sulcis-Iglesiente. Nel circuito ALCOA, girano circa 800 posti di lavoro. Va considerata una media retributiva di 1.300 Euro al mese, pari a 1.040.000 Euro, per 13 mensilità, pari a 13.520.000 Euro. Questo come soluzione diretta. Ma per via dei ben noti “moltiplicatori economici“, quali sono considerati i consumi che derivano dalle retribuzioni, valutati attraverso il classico indice di 2,5, la perdita di “redditualità territoriale” sarà di 33.800.000 Euro all’anno. E questo senza considerare la perdita delle componenti riflesse, quali i contributi pensionistici e le duplici tassazioni dipendenti-impresa che sommando un ulteriore 40%, pari a 13.520.000 Euro, porteranno il più complessivo gap reddituale territoriale a 47.320.000 euro all’anno. Per ricordarlo a chi come me non ha perso il vizio di tradurre ancora la moneta europea, si parla di oltre 91 miliardi e mezzo delle vecchie Lire. So benissimo che la vicenda si propone come un dado a molte facce, ciascuna delle quali porta argomenti seri e rispettabili. Quanto mi lascia più che perplesso sono le esclamazioni di gaudio per l’annuncio di questa soluzione. Non ho davvero capito perché ci si debba sentire appagati e felici.