Sognando Carbonia: le speranze di una giovane donna per la sua città

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Sognando Carbonia

Siamo abituati a lamentarci della nostra città, nulla ci va mai bene. Spesso abbiamo ragione, altre volte lo facciamo semplicemente per noia o per voglia di scoop. Ma sapremmo realmente migliorarla e renderla perfetta?

Io certamente no. Dall’ “alto” dei miei ventun anni, non so materialmente quali sarebbero le giuste mosse da fare per la nostra città.

Non sono un’economista, quindi non saprei gestirne il bilancio né procurare dei fondi.
Non sono un ingegnere né una paesaggista, dunque non saprei quali edifici costruire e come farlo.
Non sono nemmeno un politico, di conseguenza non saprei amministrarla.

Quando venne costruita la prima città, gli uomini la racchiusero tra alte mura con lo scopo di proteggerla dagli attacchi esterni ma, con il passare del tempo, questa protezione si tramutò in un inganno: le mura non proteggono, sono solo degli ostacoli da abbattere.

Ebbene, io non voglio nessun muro, nessuna recinzione che racchiuda la mia città. Vorrei una Carbonia open-minded, aperta a tutto, che spalanchi le sue porte a nuove realtà, che si confronti con esse e che dia loro una bella stretta di mano.

Non voglio mura, nemmeno metaforiche, attorno alla mia città, perché se è vero che è essa stessa ad influenzare i suoi abitanti, allora significherebbe che persino il cittadino avrebbe un ammasso di mattoni e cemento attorno al suo cervello: una gabbia che blocchi i pensieri e la visuale, che ci faccia chiudere in noi stessi e non ci faccia scoprire cosa c’è più in là del nostro naso.

«Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure.» Disse Italo Calvino.

Ebbene, io vorrei che i giovani di Carbonia pendessero più sui desideri che sulle paure. Il più grande augurio che ci si possa fare è che la nostra città questi desideri li accolga e dia loro una speranza di avveramento. Chiedo troppo? Forse, ma tentar non nuoce.

Se è vero che i giovani sono il futuro, non facciamoli scappare. Non parlo di legarli con una grossa fune per costringerli a stare qui, ma sarebbe bello fare in modo che non abbiano la necessità di andarsene. Nessuno dovrebbe avere l’obbligo di spostarsi dal proprio luogo di nascita per motivazioni che non siano il proprio piacere personale e la conoscenza di cibo, scenari, lingue e persone diverse.

Diamo ai giovani una città dove possano sfogare le loro passioni, dove possano esprimere la propria arte. Abbiamo bisogno di ballare, cantare, suonare, dipingere, fotografare, leggere e placare la nostra insaziabile fame di sapere: lasciatecelo fare!

«Desideri e paure.» Maledette paure! In fondo a che servono?

Abbiamo bisogno di tutto per far crescere la nostra città, ma non di avere paura. Non lasciamoci imbrogliare da chi crea un finto nemico con slogan vecchi quasi di un secolo per intimorirci.

La nostra è una città che ne ha viste tante nonostante la sua giovane età e noi cittadini, giovani e vecchi, dovremmo impegnarci nel formare una rete che non possa essere spezzata da sciacalli con la cravatta che hanno il solo scopo di fomentare l’odio tra ultimi e penultimi.
«L’odio è una reazione automatica alla paura» diceva Graham Green, e una “Città per la Pace” come Carbonia non ha certamente bisogno né di uno né dell’altra.

È solo questo che una giovane donna augura alla sua città: che possa vivere serena, che possa confrontarsi con altre realtà senza essere ostile e senza pregiudizi, che i suoi cittadini possano realizzarsi all’interno del suo territorio e non vogliano abbandonarlo, ma sopratutto che ognuno sia libero di manifestare per i propri diritti e le proprie libertà e che diffidi da coloro che vogliono diffondere un’intolleranza che non le appartiene e di cui non ha bisogno.