Wadá

wada_plakatRecensione

Regia di Khaled Mzher (Germania, 2015, 28′)

Fino a quale distanza si può essere colpiti dagli spari e dalle bombe? Chiunque abbia visto Wadà potrà condividere l’idea che questa sia la domanda principale che la visione di questo film può far emergere. Lo fa in modo efficace e la questione non è per nulla banale – anzi, può dar luogo a riflessioni toccanti, profonde e anche interessanti.

Innanzitutto, occorre pensare a cosa possa significare “l’essere colpiti”. Persino nel suo significato più comune, l’espressione viene usata non soltanto per indicare un impatto fisico e materiale, ma anche uno psicologico (es. quel film mi ha colpito molto).

Ma la divisione tra la sfera fisica e quella psicologica, non è da considerarsi come qualcosa di netto e ben determinato. Così come l’impatto fisico può avere conseguenze psicologiche, così l’impatto emotivo può portare a modificazioni fisiche sia immediate che non.

Il cortometraggio di Khaled Mzher mostra le conseguenze che la guerra in Siria causa a una famiglia apparentemente al sicuro, a migliaia di chilometri di distanza.

Il film inizia con una lunga scena a inquadratura fissa, senza dialoghi, della famiglia protagonista a tavola. A rompere il silenzio una domanda in un clima teso: “ci sono notizie oggi?”

In una zona di guerra in Siria, è scomparso un parente stretto di Ibrahim, padre di famiglia e liutaio di professione. La preoccupazione, il senso di responsabilità per chi è rimasto nelle zone di conflitto e il dolore che consegue dalla concreta possibilità di aver perso un proprio caro: sono tutti elementi portati in scena e trasmessi allo spettatore. Questo non avviene solo per la vicenda in sé e per le riflessioni che possono emergere soffermandosi sulla situazione che viene raccontata, ma anche per le sensazioni trasmesse dai movimenti di macchina, dalle luci e dalle scelte delle inquadrature.

Una steadycam che indietreggia mentre Ibrahim avanza pensieroso, diverse scene girate in ambienti bui con lunghi piani sequenza. Sono ottime anche le interpretazioni, in sintonia con la buona regia di Mzher.

Wadà lascia intuire in modo efficace l’ampiezza del dolore e la vastità della distanza entro e oltre la quale la guerra può colpire. La tristezza e l’angoscia dei protagonisti sono palpabili, così che la coscienza dello spettatore viene inevitabilmente sollecitata.

 

Nicola Ruvioli