La Fille du Patron

lafilledupatronRecensione

Regia di Olivier Loustau

Genere: Fiction (Francia, 2015, 98′)

La fille du patron, nel mettere insieme la complessa semplicità dei rapporti umani, il racconto delle difficoltà lavorative presenti sia per i lavoratori che per le fabbriche e l’importanza del “gioco di squadra”, rende omaggio alla classe operaia e a tutto il suo contesto sociale e industriale.

È bello pensare questo film come a un lungometraggio sull’opporsi alla fine. Può finire l’amore, il matrimonio, il lavoro, il successo. Ma contro la fine è possibile lottare, allontanandola o ridimensionandola per trovare un continuo in altro.

Nel film molti cambiamenti sono mossi dalla storia d’amore tra Vidal, caporeparto della fabbrica tessile francese di cui si raccontano le difficoltà e Alix, la “figlia del capo”, una giovane e promettente professionista che sta svolgendo all’interno dell’industria una ricerca di ergonomia.

Nonostante le tematiche proposte siano piuttosto impegnative, i quasi 100 minuti di La fille du patron scorrono rapidamente. Nella prima metà del film possono sorgere delle perplessità sui fili conduttori di alcune scene chiave (forse un po’ troppo ripetitive nel complesso), ma si comprende bene ogni cosa nella seconda metà. In particolare si chiarifica nel finale il senso dell’aver introdotto all’interno della storia il campionato di rugby tra lavoratori. Lo sport, in questo caso, oltre a dare sostegno alla narrazione (il festeggiamento di una vittoria importante diventa l’occasione per accendere la passione tra i due protagonisti, si creano tensioni avvincenti e aspettative tra giocatori-lavoratori e inoltre amplia le possibili interazioni tra personaggi) permette in chiave alternativa di mostrare l’orgoglio, il riscatto sociale, il successo ma anche il fallimento.

Significativamente dunque, la lotta – sul campo della società, così come su quello da rugby – presenta un valore in sé, a prescindere dal risultato.

Il film riesce bene nei suoi intenti – forse troppi, ma riesce a trovare un equilibrio apprezzabile. La storia d’amore tra l’operaio e la figlia dell’imprenditore è bella, credibile e riesce inoltre a combinare i sentimenti più delicati con la trasgressività.

Tecnicamente La fille du patron è un lungometraggio ben girato ed è assolutamente degno di elogio il triplo lavoro svolto da Olivier Loustau, che è stato attore protagonista, regista e co-sceneggiatore. Tutti questi compiti sono stati portati a termine egregiamente e il risultato finale è un ottimo film.

 

Nicola Ruvioli