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home-danielmulloyRecensione

Regia di Daniel Mulloy (Regno Unito, Kosovo, 2016, 20′)

Smarrimento: questo è ciò che si prova quando la splendida famiglia protagonista di questo corto si ritrova in mezzo alla violenza e alla guerra, dopo aver preparato la partenza di quella che, nei primissimi momenti del film, sarebbe potuta sembrare una bella vacanza. Dalla propria accogliente casa, in un tranquillo quartiere residenziale, agli orrori della guerra: il punto d’arrivo di migliaia di rifugiati diventa il punto di partenza in una storia invertita con terribile efficacia.

E il confine tra la ricca e felice famiglia inglese (ma che potrebbe essere italiana, francese, americana etc.) e qualsiasi famiglia in fuga dalle bombe e dalla disperazione, sembra assottigliarsi al punto da stimolare un’empatia generalizzata non solo nei confronti dei protagonisti del corto, ma verso chiunque si ritrovi in quella situazione drammatica. Il meccanismo è sottilmente ricercato e portato a compimento: sollecitare una maggiore comprensione del dramma di tante famiglie sfortunate, mettendo in evidenza i punti in comune per poi spostare la situazione dal nostro al loro contesto.

In 20 minuti di film vengono indagate queste dinamiche simpatetiche, vengono mostrate alcune scene di guerra girate magistralmente, si dà spazio alle relazioni tra i protagonisti (i giovani genitori e i loro bambini) mostrando allo spettatore anche alcuni gesti e sguardi – anche sguardi evitati – di forte impatto emotivo e di grande significato.

È centrale negli intenti di questo lavoro anche il rapporto tra individuo e luogo di appartenenza, soprattutto alla luce del fatto che lo spostamento di contesto accaduto alla famiglia raccontata lascia intravedere la possibilità che ognuno di noi possa diventare un rifugiato. Si lascia aperto dunque uno spiraglio nel quale intravedere la forza della contingenza e gli esiti alternativi delle nostre vite.

Home è un cortometraggio bello e struggente, tecnicamente impeccabile che difficilmente potrà lasciare indifferente lo spettatore.

 

Nicola Ruvioli