Cameraperson

camerapersonRecensione

Regia di Kirsten Johnson

Genere: Documentario (Stati Uniti, 2016, 102′)

Cameraperson si presenta come il frutto di una necessità soggettiva della regista, ma è una necessità cinematograficamente originale e interessante.

L’idea è quella di dichiarare la presenza del cameraman, colui che effettua le riprese, invertendo con un’operazione quasi artistica le usuali esigenze tecniche. Solitamente infatti la presenza dell’operatore deve essere ben nascosta per permettere allo spettatore una maggiore immedesimazione nel film. In questo caso invece è proprio la sua presenza a garantire l’assimilazione e l'”empatizzazione” con i momenti di vita ripresi dalla telecamera.

Il film è infatti una sorta di diario della regista che, attraverso la telecamera, racconta della propria famiglia, della propria vita ma soprattutto dei tanti luoghi visitati con estremo interesse per le persone conosciute. Il filo conduttore è dato principalmente dall’ottimo montaggio del materiale raccolto e selezionato, che riesce a dare omogeneità a una vastissima raccolta di video girati in luoghi e situazioni anche molto differenti tra loro.

Bosnia, Uganda, Manhattan, Texas, Cuba, Yemen, Afghanistan. Questi sono solo alcuni dei luoghi visitati da Kirsten Johnson e raccontati attraverso Cameraperson.

Diverse tra loro anche molte delle storie raccontate. Particolarmente toccante l’intervista a un ragazzo che ha perso un occhio a causa di una bomba e ha visto il corpo straziato del fratello morire a pochi metri di distanza. Gli viene chiesto di descrivere il mondo visto dall’occhio ancora funzionante e di fare la stessa cosa con quello distrutto dall’esplosione. E quando racconta quell’episodio l’emozione prevale su tutto, la regista si commuove percependo la sofferenza del ragazzo, chiaramente palpabile anche per lo spettatore. E infine è lui a dover rassicurare la camerawoman “It’s ok!”.

In questo lavoro viene dato spazio a molti elementi e a tante storie, ma c’è spazio anche per delle belle immagini con un’ottima fotografia. Alcuni luoghi e alcuni personaggi ritornano, altri si collegano simbolicamente anche se geograficamente distanti.

Cameraperson è un documentario (a dirla tutta è molto di più) da guardare con attenzione che, se compreso, può restare impresso in modo indelebile nella mente dello spettatore. Trovare i collegamenti e riflettere sul senso complessivo di un’opera apparentemente frammentaria può risultare faticoso e complicato, ma i filmati della Johnson sono belli e interessanti e vale davvero la pena riuscire ad andare oltre le singole parti e coglierne le questioni sottese.

 

Nicola Ruvioli